• Central Business Diet

    Nelle prime due settimane abbiamo speso la maggior parte del nostro tempo all’interno del Central Business District, il minuscolo rettagolino che costituisce il cuore pulsante di Melbourne; o, meglio, pulsante principalmente dalle nove di mattina alle sette di sera, ché se proprio si vuole andare a cena fuori mi raccomando di farlo entro le dieci, sennò davvero si rischia di ritrovarsi a mangiare un donut ad uno dei tanti 7/11, una catena aperta 24 ore su 24, 7 giorni su 7, come il prezzo di quasi ogni prodotto sembra voler ricordare.

    In questa infinità di “shops”, contigui uno all’altro, spiccano per quantità quelli alimentari, di ogni franchising, invenzione ed etnia.

    McDonald’s c’è anche qui, ma non l’abbiamo provato; per sentirsi a casa, in questo mondo globalizzato, Hungry Jacks offre il Burger King australiano (letteralmente); o, per la serie “panini e fritti”, si può provare qualcosa di “nuovo”, a base di pollo, da KFC; si può fare un salto a  un Subway o magari da The Lord of Fries, che con una sola lettera di differenza si distingue –tranne che per gli asiatici– da Il signore delle mosche come Il signore delle patatine fritte: non male!

    Io poi tendo apprezzare i burger –Ross mi fa compagnia con quelli veggie, ma non sono poi così convincenti neppure per lei–, e non resisto quando mi imbatto in nomenclature localistiche tipo il “Mighty Melbourne”.

    Noi comunque ci siamo principalmente dati alla cucina etnica: mai mangiato tanto sushi in vita mia, in comode vaschette con mix già pronti dagli 8 ai 12 $; e poi cinese, malesiano, vietnamita, indiano, greco e spagnolo. Ancora non ce la siamo sentita di entrare in uno “shop” italiano (qua un certo Nando ci accoglierebbe un po’ dovunque in città, Nando’s), anzi dobbiamo a provare una certa pizza napoletana che ci dicono ottima appena fuori dal CBD…

    Uniche eccezioni: un pranzo in casa, da ospiti pugliesi, a Southbank, con degli splendidi rigatoni Di Vella con tonno e fagioli (qua la pasta bisogna re-imparare a cucinarla, tra marche e il sale “sciapo”); e la miglior cena finora, l’ultima prima di entrare nella nuova dimora, che ci siamo però concessi a Carlton, un quartiere confinante col CBD: ristorante argentino/messicano; le ragazze hanno preso una grigliata mista di pesce (ovviamente qualche pescetto è avanzato, così ho potuto gradire anch’io), io avrei dovuto provare l’argentino, ma avevo troppa voglia di assaggiare il chorizo e il loro chilli con carne: abbondante, bollente e piccantissimo.

    Le cose però stavano per cambiare