• Pasquetta a Point Nepean National Park

    Con Stefano buona parte delle decisioni si prendono all’ultimo minuto, reale o disponibile; in questo caso, a notte già avviata, ci rendiamo conto che andare a vedere i dodici apostoli, degli incredibili “faraglioni di pietra calcarea” (grazie Wikipedia!) sul mare, è praticamente folle: non si tratta di un viaggetto, ma di quattro ore di macchina, ad averne una; figuriamoci a voler cercare un pullman e di dover rientrare per la sera, ché il giorno dopo alle sette dobbiamo ritirare l’auto per la nostra relocation fino a Gold Coast, e perdipiù durante una public holiday.

    Optiamo per tanto di andare, comunque lontanuccio, al parco nazionale di Point Nepean. Come vi dicevo, Melbourne non si affaccia direttamente sull’oceano (o comunque “mare” visto che di fronte ha la Tasmania?), ma su una enorme baia, Port Phillip Bay, le cui estremità per un pelo non si toccano facendone un lago.

    Da Flinders Station prendiamo il treno per Frankston, per scenderne al capolinea dopo un’oretta. Si tratta pure di un giorno di festa nazionale, quindi gli orari dell’autobus che dobbiamo prendere da lì sono specifici per la giornata, ma ci concedono una rilassata colazione su un baretto con vista stazione. Del caffè dovremo riparlare in un post separato, ma questo l’ho proprio lasciato per intero…

    Un’altra ora e quaranta di viaggio, superiamo Sorrento (sic!) e ci ritroviamo all’ingresso del parco, a pochi chilometri dall’estremità su cui si erge Fort Nepean. Incontriamo Dev, un ragazzo indiano, con cui condivideremo l’intera scampagnata. Nonostante ci sia una navetta interna, dopo aver preso un gelato al centro informazioni (che appunto offre il gelato ma non ha la macchinetta del caffè!), decidiamo di raggiungere il mare (lato baia) e di farci virilmente il tragitto a piedi. Parliamo dell’Australia, dell’Italia e dell’India… Dev mi invita ad andare là, ché è facile e si producono un sacco di film; alla mia obiezione che sarebbe magari possibile per me imparare a parlare indiano, ma di certo non a leggerlo e a scriverlo, mi risponde che potrebbe ben essere non necessario, con mia somma sorpresa.

    Arrivando fino in fondo a questa estremità che racchiude la baia, troviamo il forte e qualche vecchio cannone. Alcune parti sono adibite a modestissimo museo, ma le cose che mi interessano di più sono un manifesto che è la versione locale del celebre “We Want You” americano, con canguro, ed una versione “al femminile” (senza canguri).

    La cosa per me straordinaria, comunque, è un’altra… che per la prima volta in vita mia ho visto l’oceano. Le onde, probabilmente normali o tranquille per gli indigeni, a me già risultano di dimensioni imbarazzanti. Lo so, eravamo lontani e in foto non rende, ma credetemi sulla parola.

     

    * * * AGGIORNAMENTO del 6 maggio 2014: ulteriori foto della scampagnata all’album su Facebook. * * *