• Alla vostra sinistra (e alla vostra destra) scorre il fiume…

    Amelia, chi era costei? Lo abbiamo già ammesso tante volte che questo blog ha delle serie lacune: nessuno sa che lavori ho fatto, o se è per questo che lavoro sto facendo adesso, ma diciamo che è una involontaria narrazione alla Pulp Fiction… dateci tempo, e tutto assumerà un senso.

    Nel frattempo, vi basti sapere che con Amelia ci siamo conosciuti alcuni mesi fa (prima) e siamo diventati “good pals”, come dicono qui. Uno di quegli incontri che si fanno subito prima che uno dei due stia per trasferirsi in un altro Stato (nel nostro caso, dal Victoria al Queensland).

    Rivedersi dopo mesi è un grande piacere, ma, come le chiarivo la sera prima al telefono, non avevo alcuna proposta su cosa fare, a parte ritrovarsi, sentendomi scusato perché non ero mai stato a Brisbane; ma non lo sapeva nemmeno lei, e magari si sentiva scusata perché da fare non c’è davvero quasi niente.

    Città che vai, ruota panoramica che trovi… Amelia, addirittura, a quanto pare si industria per farsi amica almeno una persona che lavori alla ruota di ogni città (anche se lei ci terrebbe certo a precisare che “è solo un caso”). [In un post ancora da scrivere, ho persino conosciuto la sua “wheel friend” di Melbourne.]

    Ma noi abbiamo deciso di non usufruire di questo vantaggio a Brisbane, perché la sua ruota, a differenza ad esempio di quella di Melbourne, si propone malinconica e sommessa, di fronte al fiume Brisbane, con una altezza che non la fa nemmeno competere con i grattacieli dell’altra sponda. Pur senza averla provata, ho immaginato la vista potesse essere paragonabile a quella di Wichita da un grattacielo, per come descritta in The Big Kahuna dal personaggio di Larry Mann: al “Guarda che vista!” che gli viene rivolto, fa notare che a Wichita, da qualunque piano si stia guardando, la vista è sempre la stessa…

    In un certo senso, la ruota può essere considerata metafora della città stessa: Amelia, che c’è stata, mi ha riferito di come dagli speaker vengano diffusi lapalissiani commenti quali “To your left, the Brisbane River” e poi a breve “To your right, the Brisbane River”. Alla vostra sinistra, e alla vostra destra, scorre il fiume… e niente (o poco) più.

    Dopo la colazione, non sapendo cosa fare, non riusciamo a trovare nemmeno un cinema che stia per proiettare un film decente (ricordo che scartiamo, pure nella disperazione, Tutte contro lui), cosa che ci fa rimbalzare ad un museo, con molte opere italiane minori ma soprattutto, bisogna riconoscere, con il raro pregio di permettere ai visitatori di scattare fotografie.

    Esaurita la mostra, non possiamo che concederci un’altra lunga chiacchierata al bar, resa speciale, soprattutto per me, dalla presenza di ibis e dragoni tra gli avventori. Con i suoi occhioni rettili, quello in foto sembrava chiedere a una signora “Quando ne dai un po’ anche a me?”.

    “Ma sono pericolosi?”
    “Non lo so.”
    “Ma è normale che si trovino qui, al bar?”, proseguo stupito.
    “Davvero no!”, come a dire che qua persino gli australiani potranno sempre trovare qualcosa di nuovo di cui restare stupiti.

    Ultima nota la meritano certamente i “gruppi scultorei su marciapiede”, se così possiamo chiamarli, raffiguranti degli immagino onesti pionieri al lavoro… anche se, da come li ho fotografati, almeno un paio sembrano piuttosto trovarsi, pur senza un Future a fare da abritro, in una personale sfida rap:

    Now everybody from the 4000, a dragon’s chasing two nice heroes, so run and call the zero-zero-zero…

    (Libero adattamento da Everybody from the 313, ultima battle dal film 8 mile, e Business, nel difficile tentativo di adattarle, in un sol verso, al contesto australiano; d’accordo, ma non è affatto facile; ma a Brisbane nulla lo è.)